Tuesday 11 May 2010


Happiness is not in things, it's in us
in someone is overwhelming, namely "nos".

Luca Fredianelli eleventh may two thousand ten

Monday 10 May 2010



Il romanzo della metà del Settecento

La narrativa in prosa conosce, negli anni successivi alla Glorious Revolution *, uno sviluppo prodigioso.
Avviene in questo periodo infatti la presa di coscienza della borghesia come classe sociale che, nella prima metà del Settecento, diventa la classe leader. I borghesi arrivano al potere senza un background culturale che era invece gravitato attorno all’aristocrazia e alla corte.
Il romanzo(novel***) diventa portavoce della borghesia. Le potenzialità didattiche e di intrattenimento di questo genere sono prontamente riconosciute da un nuovo pubblico di lettori di estrazione sociale in prevalenza borghese. All’ascesa della classe mercantile e delle industrie manifatturiere si accompagnano la diffusione dell’alfabetismo e l’aumento del tempo libero a disposizione. I lettori che sono rimasti estranei allo stile di corte, si dimostrano ricettivi nei confronti di una letteratura “realista” di facile consumo ma,al tempo stesso, moralmente impegnata. Si passa dal realismo di stampo medioevale ad un’idea di conoscenza, da Descartes fino a Locke, che passa attraverso i sensi. I dati vengono rielaborati ma tutto passa per l’esperienza sensibile(empirismo che porta ad una diversa idea di realismo non più universale ma singolare, individuale).

I romanzi di Henry Fielding e Samuel Richardson, scritti negli anni Quaranta,
costituiscono “un nuovo genere di scrittura”. Più che rifiutare il modello autobiografico stabilito da Defoe, questi autori ne ampliano i confini, sino a creare un nuovo genere che soppianta il precedente.
La tradizione del romance** eroico è ormai tramontata e al suo posto è emerso un nuovo genere di narrativa la cui sfera di competenza viene descritta in questi termini: “ricreare avvenimenti naturali con mezzi semplici e mantenere alto l’interesse senza ricorrere al meraviglioso.
La narrativa degli anni Quaranta è caratterizzata dalla vastità sia degli scopi che si propone sia del pubblico a cui si rivolge. L’accesso dei lettori ad opere spesso costose è favorito dalla creazione di biblioteche itineranti (Edimburgo 1726, Londra 1740), che sono, e saranno per due secoli, indice di successo commerciale e di pubblico, contribuendo in oltre a rendere più omogeneo il gusto nazionale e ad abbattere barriere sociali e geografiche in campo letterario.

*1688, rivoluzione incruenta. Sul trono inglese il protestante Guglielmo D’Orange al posto del cattolico Giacomo II. Riconosciuto il parlamento, prima monarchia parlamentare europea. Una corte non più “libertina”, sovrani moderati, mentalità più borghese che aristocratica.

**tutta la prosa narrativa cavalleresca,fantastica e d’avventura influenzata dal romanzo ’barocco’ francese (che ammette al suo interno anche elementi inverosimili, poco aderenti alla realtà: storie complicate, scambi di persona, elementi magici, spazio/tempo confusi e vaghi, personaggi senza cognomi, paradigmatici, con connotazioni universali.) che si contrappone, per il suo non-realismo, alla tradizione dominante e più ‘rispettabile’ del novel***.

***Romanzo borghese non codificato nelle opere classiche (la critica letteraria nei primi del Settecento si rifà ai canoni aristotelici), era perciò visto come “non all’altezza” degli altri generi.
Questa novità da al romanziere una libertà assoluta nella scelta delle tematiche.
Si distingue per la:
-funzione mimetica.
-funzione didascalica.
-funzione di intrattenimento.
Narrativa che mette in luce storie vere, occasioni di vita che sono l’esperienza quotidiana del lettore, avvicina i personaggi al lettore, ‘everyday individuals’.L’identificazione col personaggio consente il messaggio morale che invece nei romance era impossibile.

Bibliografia:
Andrew Sanders -Storia della Letteratura Inglese- Mondadori Università 2001 a cura di Anna Tanzi
Mario Praz -Storia della Letteratura Inglese- Sansoni Editore 1979

A poca cura di Luca Fredianelli Università di Pisa Nove Maggio Duemila10

Ti parlo di una cosa che mi è venuta in mente, così.
Da piccolo ho speso intere giornate a casa della nonna Ada.
E'forse li che si è formato il carattere rustico, diffidente e curioso, che mi distingue. Fanno parte di me quegli odori,suoni, colori e sapori che ritornano ogni volta che mi ostino a non indossare calzature nei giorni d’estate, pestando terra, erba e sassi, soffermandomi ad immaginare il sapore di una manciata di terra umida.
"Sono questi i ricordi che ho più vivi" -dirò un giorno- "come l'aroma tiepido della buccia dei pomodori caldi dal sole, stivati nelle casse all’ombra nel capannone e l’odore della pianta stessa, del verde gambo dal pelo trasparente e viscoso che una volta reciso ricorda un po’l’aspro dei baccelli.
E poi l’aria che da alla testa, così priva di ossigeno, del mosto che ribolliva negli enormi tini d’ acciaio dal rubinetto gocciolante su quel pavimento di cemento e polvere dove le gocce formavano una macchia di melma violacea e poi il tanfo dell’odore di piscio che ti infestava i polmoni all’aprire l’uscio del gabbione dove i conigli, dagli occhi rossi e dalle mai ferme mandibole, venivano allevati al buio tra strisce di carta di giornale e mangime.
Il recinto del pollaio fatto di vecchie reti da materasso e maglie di filo di ferro tinto di verde corroso dalle stagioni, dove appoggiare le dita e sporcarsi di ruggine che entra nelle narici come polvere quando la si annusa. Il fissare il movimento ondulatorio e perpetuo del collo delle galline e lo sguardo fisso dell’occhio privo del bianco che invece dona espressione ai cani. Il toccare il guscio dell’uovo ancora tiepido e sporco di feci, fatto di quegli stessi sassi ch’io gli tiravo fingendo fosse becchime,.
Il defecare nei campi reso meno imbarazzante dal pulirsi con una foglia di carciofo; già, il carciofo, 'fiore dai petali pungenti', la terra di golena, secca e fangosa e tutte quelle foglie di vite ricoperte dalle gocce azzurre del ramato, il casotto degli attrezzi con i bidoni dell’acqua piovana dai bordi ormai verdi che odoravano di ristagnato, il mio ‘marrone’ e gli stivaletti di gomma che solevo calzare alla rovescia.
Il trattore di ferro verde dalle grandi ruote di gomma nera, ormai logora e sbiadita, schiantata dal gelo e dal sole, l’odore della nafta e dello scarico di quel fumo nero che avvolgeva tutto per ore con il frastuono
del motore, una mitraglia goffa che faceva scappare gli uccelli al margine del campo, nel canneto, aldilà scorreva l’Arno dalle impetuose acque marroni sulle quali vedevo passare le strette e lunghe barche a remi dei canottieri che al tempo geometrico scandito dall’uomo ‘alla rovescia’ si spostavano sul fiume, li seguivo fino a vederli sparire dietro l’argine dell’ansa che sale su fino a Calcinaia dove i pescatori aspettavano pazienti il passaggio delle carpe".
Ma questi sono solo i miei ricordi che resteranno per sempre miei
e questa era solo una storia che dimenticherai.

Luca Fredianelli Inverno 2008